La comunità ebraica di Cherasco
e le leggi razziali
Alla fine del 1938 a Cherasco risiedevano 11 ebrei, 5 uomini e 6 donne. Questo minuscolo nucleo costituiva quanto rimaneva di una Comunità un tempo influente e prestigiosa, in seguito ad un precoce processo di urbanizzazione. Come già nel secolo passato, il gruppo ebraico godeva mediamente di uno status sociale più elevato della media della popolazione cheraschese, ma questa sua caratteristica era percepita nella cittadina senza ostilità, grazie alla munificenza che tradizionalmente gli ebrei avevano mostrato e mostravano nei confronti delle necessità della collettività e dei singoli indigenti. Nonostante ciò, senza che si segnalino proteste, con l'introduzione delle leggi razziali il dottor Aronne Levi perde il posto di medico condotto, Alberto Segre deve cedere la banca di cui è titolare e trasformarsi in agricoltore a tempo pieno; suo figlio Roberto non può più frequentare la scuola pubblica.
I Debenedetti, che già si dividevano da anni tra Torino e Cherasco, emigrano in Uruguay.
Con lo scoppio della guerra quasi tutti gli ebrei residenti che si sentono troppo facilmente individuabili lasciano la città: le loro abitazioni sono requisite per gli sfollati non ebrei. L'ospedale cittadino diventa per contro un rifugio assai frequentato da altri ebrei in fuga, che vi giungono alla ricerca di un nascondiglio e vi vengono ricoverati con diagnosi vere o fittizie. Tra loro Attilio Segre, ebreo di Cuneo,malato e costretto a nascondersi con la famiglia, che muore e, per non mettere in pericolo la moglie, la figlia e la famiglia che le ospita, viene sepolto nel cimitero comunale con un finto rito cattolico.
Dei residenti, soltanto Marietta e Mirella Segre non lasciano Cherasco, ma si limitano a trasferirsi alla Cascina conte Roero, di loro proprietà, lungo il Tanaro. Lì verranno arrestate e poi deportate a Ravensbruck. Franco Levi sarà arrestato a Dogliani e deportato ad Auschwitz.
Nessuno degli ebrei cheraschesi deportati fece ritorno.
Testi: Adriana Muncinelli
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